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RISCOPERTA LA DIMENTICATA "STONEHENGE" DELL'UMBRIA

RISCOPERTA LA DIMENTICATA "STONEHENGE" DELL'UMBRIA

di Tommaso Dore e Francesco Voce


Riscoperta in Umbria la dimenticata “Stonhenge” dei Monti Martani: un sito analogo a quello del famoso “Sercol” di Nuvolera nel bresciano. Trovate forse le prove materiali dell’esistenza di un’antica civiltà pre-romana che dominò su gran parte dell’Italia centro-settentrionale.

Nel Settembre 2009 eravamo impegnati nella ricerca delle tracce di presunti insediamenti celtici nella bassa Umbria, stimolati dagli studi condotti nella regione da diversi studiosi a partire dalla fine del XIX secolo. Osservando su internet le immagini satellitari del programma Google Earth, nel tentativo di identificare sui Monti Martani l’esatta localizzazione del tempio italico di Torre Maggiore e di altri manufatti preistorici nella zona, la nostra attenzione fu catturata da una strana forma ad anello, talmente regolare da sembrare artificiale, che spiccava al margine di una zona boschiva.




Immagini satellitari della zona di Monte il Cerchio (Massa Martana)

Ci sembrò una radura contornata da alberi disposti secondo una forma perfettamente circolare. Estremamente incuriositi da questa scoperta decidemmo di recarci immediatamente sul posto per capirne di più.
La struttura si trova nel comune di Massa Martana, a poche centinaia di metri dal confine che divide la provincia di Perugia da quella di Terni, lungo il crinale di un rilievo montuoso dal nome evocativo: “Monte il Cerchio”. La si può raggiungere comodamente in macchina partendo dal centro di Massa Martana e poi proseguendo per un breve tratto di sentiero a piedi. [1]




Veduta del complesso, nascosto dagli alberi, dal sentiero proveniente da Massa Martana

Il luogo è “magico”, completamente isolato e abbandonato a sé stesso. Con grande sorpresa scoprimmo che gli alberi visibili dalle immagini satellitari erano querce cresciute intorno ad un enorme cerchio di pietre di circa 90 metri di diametro. L’opera muraria è composta da massi di dimensioni variabili (tuttavia non da megaliti), giustapposti a secco, che formano un anello di circa 2,8 – 3,0 metri di spessore, per non più di un metro di sviluppo in altezza.

Rilievo sommario del cerchio di pietre (evidenziato in giallo) con indicazione dell'ingresso originario (a sud) e dell'ubicazione di un ipotetico pozzetto votivo. La linea tratteggiata segue il crinale del colle che presenta un lieve salto di quota fra i due versanti est ed ovest.

Le pietre calcaree sono ricoperte da muschi e licheni, mentre arbusti e alberi sono cresciuti tutt’intorno, danneggiando in più punti con le loro radici le antiche strutture, producendo crolli e rendendo completamente inaccessibili alcune aree.







Immagini del cerchio di pietre

L’ingresso originario era a sud, dove l’anello di pietra s’apre naturalmente, sdoppiandosi, lasciando libero un varco di circa un metro, o poco più, per l’accesso. Altri due varchi, uno posto a nord e l’altro a sud-est del recinto, sono stati realizzati in un’epoca recente tagliando il cerchio di pietre per consentire il passaggio di un sentiero. Riteniamo che il taglio sia stato effettuato successivamente all’originaria costruzione per la presenza di numerosi sassi rotolati a valle lungo i due lati del tracciato del sentiero.

Uno dei tagli effettuati nel cerchio per il passaggio di un sentiero
(si evidenziano i numerosi massi rotolati ai lati del tracciato)

L’area interna al cerchio è suddivisa in due parti da un lieve salto di quota, presente lungo il crinale roccioso del colle, che in alcuni tratti mostra la presenza di una muratura artificiale simile a quella che delimita la circonferenza di tutto l’insediamento. Il sito attende da anni d’essere accuratamente rilevato e liberato dai rovi e dagli arbusti, allo scopo di poter rinvenire ulteriori elementi materiali che possano determinarne una volta per tutte la sua originaria destinazione d’uso.
Ma quale poteva essere la funzione di una simile costruzione perfettamente circolare?
Le fonti ufficiali [2] sostengono che il sistema insediativo prevalente fra gli antichi Umbri, fino alla romanizzazione nel III secolo a.C., prevedeva una serie di piccoli villaggi fortificati d’altura, posizionati in luoghi strategici per il controllo delle vie di comunicazione e la difesa dei territori appartenenti alle diverse comunità. Gli insediamenti protostorici dei Monti Martani, da cui sarebbe dipesa la nascita di Carsulae, sono dislocati quasi tutti fra i 700 e i 1000 metri s.l.m. Inizialmente, forse, furono utilizzati solo stagionalmente (in primavera-estate) in funzione della transumanza del bestiame, ma dal IX secolo a.C. in poi le tribù di pastori transumanti organizzarono più stabilmente le loro attività silvo-pastorali, stanziandosi in cellule e sub cellule, disposte lungo tutta la catena montuosa per il controllo del territorio. Non va dimenticato che i Monti Martani erano parte di un grande percorso di crinale appenninico utilizzato in epoca preistorica per i primi spostamenti umani lungo la penisola. Oggi resta ancora una testimonianza di questi tracciati nella cosiddetta “via delle Pecore” che collegava la pianura di Spoleto a quella di Acquasparta.
Sui Monti Martani sarebbero stati identificati tre principali centri di aggregazione, corrispondenti ad altrettante comunità: Monte Torre Maggiore, col suo celebre santuario italico fondato nel VI sec. a.C., Monte il Cerchio e Monte Martano (dove si trovano solo pochi resti). Fra questi tre nuclei principali, che certamente avevano una spiccata funzione sacrale, si frapponevano una serie di villaggi fortificati di minore importanza (Monte Rotondo, Monte del Colle, Monte Comune, Colle Penna Vecchia, Monte Torricella, ecc.), collocati su alture facilmente difendibili e circondati da cinte murarie, realizzate con blocchi di calcare giustapposti a secco, a loro volta contornate da un fossato più o meno continuo. La forma degli insediamenti è di solito più o meno circolare o ellissoidale e segue normalmente l’orografia a cono delle sommità collinari su cui sorgono. Non è tuttavia il caso del Monte il Cerchio, dove la natura accidentata e irregolare del terreno, che si presenta diviso in almeno due settori su piani sfalsati tra loro e inclinati, non spiega la perfetta regolarità del tracciato circolare e la rende ancor più stupefacente. Ciò costituirebbe, anzi, un elemento a favore dell’ipotesi che identifica in questa particolare e significativa conformazione geometrica un luogo di culto e/o di osservazione astronomica, piuttosto che un insediamento abitativo realizzato a scopo difensivo. Da questa postazione, molto aperta sull’orizzonte ad oriente, era facile osservare la volta celeste e comunicare tramite segnali luminosi con gli altri villaggi o centri religiosi dei Monti Martani.

Il terreno scosceso e accidentato all'interno del cerchio

Inoltre, a proposito della presunta fortificazione di questi insediamenti, qualcuno ha sollevato dei dubbi, segnalando l’uso forse improprio del termine “castelliere”, normalmente impiegato per descriverli. Infatti, oltre a precisare che essi non hanno niente a che vedere con le omonime strutture presenti nell’Istria e in area veneta e friulana, dove si riscontrano cinte murarie a sacco più ampie e possenti, alte fra i 4 e i 6 metri, qui la presenza di bassissime muraglie farebbe ulteriormente scartare l’ipotesi della loro costruzione a scopo difensivo, propendendo a favore della delimitazione di un’area sacra, utilizzata per lo svolgimento di riti religiosi e propiziatori. [3] Tuttavia potrebbe darsi che l’anello di pietra costituisse la base su cui era conficcata una palizzata in legno, della quale però ovviamente non resta più alcuna traccia visibile.

Ipotesi ricostruttiva dell'insediamento fortificato con palizzata di legno

Esattamente al centro del complesso di Monte il Cerchio si nota, inoltre, una lieve depressione quadrangolare nel terreno roccioso, di circa 1,2 metri di lato, in corrispondenza della quale probabilmente si trova un pozzetto votivo, occluso dal terreno circostante franato. In questo punto doveva ergersi forse un’ara per i sacrifici propiziatori, oppure doveva esservi collocata una vaschetta per la raccolta dell’acqua che gli antichi sacerdoti utilizzavano in qualche rituale sconosciuto. Forse questo luogo poteva essere effettivamente un villaggio-santuario, posizionato in diretto collegamento visivo con gli altri centri sui rilievi dei Monti Martani, presso il quale le popolazioni si radunavano in particolari occasioni. [4]

La depressione nel terreno al centro del cerchio causata probabilmente dal crollo del pozzetto votivo

Seguendo la datazione effettuata dalla Soprintendenza archeologica dell’Umbria, VIII-VI sec. a.C., l’insediamento risalirebbe all’epoca in cui si ebbe la contrazione del territorio sottoposto al dominio degli Umbri, a seguito dell’espansione degli Etruschi provenienti dalle coste del Tirreno.
Classificati come una delle più antiche popolazioni italiche, gli Umbri si affermarono come popolo alla fine del II millennio a.C., scaturendo molto probabilmente dalla fusione fra un’etnia nordica indoeuropea e una preesistente popolazione indigena, la cosiddetta Civiltà Appenninica, influenzata dalla cultura piceno-adriatica (anch’essa d’origine indoeuropea). Questa almeno è una delle ipotesi più accreditate, sostenuta anche dal linguista Giacomo Devoto. [5]


Dopo la descrizione dell’importante sito archeologico di Monte il Cerchio, passiamo dunque al secondo punto chiave emerso dalla ricerca.
Nel tentativo di dare un riscontro alle nostre ipotesi, attraverso il confronto con altri insediamenti simili, nell’autunno del 2011 ci siamo imbattuti nel “Sercol” di Nuvolera (Desenzano del Garda), già reso noto a livello nazionale grazie all’opera tenace di Armando Bellelli e Marco Bertagna, due giovani appassionati di storia locale, nonché archeologi dilettanti, che si sono prodigati per la riscoperta del patrimonio culturale del bresciano. [6]

Articolo sul "Sercol" di Nuvolera pubblicato il 26 maggio 2011 dal quotidiano "Il Giorno"

Il prof. Alberto Pozzi,  uno dei massimi esperti italiani di megalitismo, interpellato a suo tempo dagli scopritori del “Sercol” si rese conto d’essere di fronte ad un antichissima costruzione realizzata non per scopi difensivi ma per delimitare un’area sacra destinata al culto e, molto probabilmente, all’osservazione della volta celeste. Una vera e propria “Stonehenge italiana”, è stata definita, anche se molto diversa dal sito inglese per l’epoca di realizzazione e per la tecnica costruttiva. Il “Sercol” che si erge sul Monte Cavallo è stato datato approssimativamente ad un periodo che va dal 1500 al 500 a.C. e mostra le stesse caratteristiche costruttive del cerchio dei Monti Martani, con un diametro però inferiore di soli 42 metri circa.

Fotografia satellitare del "Sercol" di Nuvolera (Desenzano del Garda)

I tecnici della Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia, dopo un sopralluogo svolto nel luglio del 2011,  hanno affermato che il sito è di “difficile interpretazione, anche per la mancanza di strutture analoghe”, ma ne è stato comunque riconosciuto il valore per le dimensioni notevoli. Sarebbe quindi “meritevole di indagini e studi approfonditi da parte della Soprintendenza e dei professionisti.” [7]
Quello che si pensava essere “un caso estremamente raro, se non unico, per il nostro Paese” ha però ora un fratello maggiore nel cuore dell’Umbria, al centro della penisola! E non è l’unico altro esempio. Alcune strutture in parte analoghe si trovano in tutta la regione e anche nella vicina Toscana. [8] Tuttavia il cerchio di pietra di Massa Martana è al momento l’esempio più sorprendente di questo genere di costruzioni, per la perfezione geometrica del tracciato circolare visibile dal cielo, nonché per la dimensione del suo diametro, il più esteso fra quelli sinora individuati. [9]

Il recinto di pietre del "Sercol" di Nuvolera in località Monte Cavallo
(fonte: pagina Facebook inserita da A. Bellelli)

Il recinto di pietre di Massa Martana in località Monte il Cerchio

Veniamo ora alla domanda che scaturisce spontaneamente al termine di tutto il ragionamento: come è possibile che due manufatti così simili fra loro si trovino in aree geograficamente e culturalmente lontane e diverse? Almeno così ci sembra siano sempre state reputate dagli studiosi.
Finora non ci risulta che gli archeologi abbiano mai pensato a comparare direttamente, sul campo, le testimonianze archeologiche rinvenute in queste due regioni e ciò potrebbe sciogliere molti interrogativi circa le loro possibili comuni origini. Si tratterebbe di opere realizzate da un antico popolo indoeuropeo proveniente d’oltralpe o da una civiltà autoctona della penisola? Potremmo parlare forse dei cosiddetti Proto-Villanoviani? E questi, non potrebbero coincidere con gli antichi e misteriosi Umbri?
Del resto, alcuni storici greci e latini non affermarono forse le origini nordiche degli Umbri e che il territorio da loro originariamente occupato sarebbe stato vastissimo e avrebbe incluso in tempi più remoti gran parte dell’Italia settentrionale e centrale? Erodoto, ad esempio, li ricorda come abitatori delle regioni in cui scorrevano i fiumi Carpis ed Alpis, affluenti del Danubio, e afferma che prima delle invasioni dei Veneti, essi dovettero occupare anche il territorio padano. [10]
Gli Umbri, intesi come uno dei più antichi popoli italici, potrebbero quindi discendere da un’originaria etnia indoeuropea analoga a quella che diede vita alla cultura celtica in Europa? Potrebbe dunque esistere uno stretto legame fra i nord-italici Proto-Celti (si pensi alla Civiltà di Golasecca) e gli Umbri? [11] Oppure, in un’epoca più remota, in quei luoghi abitò una stessa popolazione indoeuropea che poi si è differenziata ed evoluta regionalmente nei popoli italici storicamente definiti?

Roma, 20 marzo 2012



Ricostruzione planimetrica del recinto di pietre di Monte il Cerchio (Massa Martana)

Veduta a volo d'uccello della ricostruzione in 3D del sito di Monte il Cerchio (Massa Martana)


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[1] Il complesso è collocato sopra un poggio, in posizione dominante, a poco più di 900 metri di altitudine. Le sue coordinate geografiche sono: 42°45’16.61’’ Nord  - 12°34’12.48’’ Est.
[2] L. Bonomi Ponzi, Il territorio di Cesi in età protostorica, in AA.VV., Cesi. Cultura e ambiente di una terra antica, Ediart, Todi 1989, pp. 9-30; F. Colivicchi, C. Zaccagnino, Umbria, collana “Archeologia delle Regioni d’Italia”, Libreria dello Stato, Roma 2008, pp. 30-32. Gli insediamenti fortificati degli antichi Umbri sono stati classificati secondo tre tipi fondamentali: a pianta più o meno circolare o ellittica con aggere e fossato più o meno continuo (non presente tuttavia nell’insediamento di Monte il Cerchio); a pianta e profilo articolati con terrazzamenti artificiali e digradanti; a pianta sub-circolare o quadrangolare con bastione agli angoli.
[3] M. Farinacci, Cultura di Terni Gallu-Umru, a cura dell’Associazione Culturale Umru, Terni 1996, pp. 74-76.
[4] Successivamente, nel III secolo a.C., con la fondazione di Carsulae e con il nuovo tracciato della via Flaminia gli insediamenti d’altura furono progressivamente abbandonati per altri più a valle e prossimi alla viabilità principale, per poter gestire uno sviluppo più razionale dell’agricoltura. Nel 500 d.C., inoltre, alcuni di questi “castellieri” sarebbero stati riutilizzati come postazioni di difesa e controllo durante le invasioni dei Goti e dei Longobardi.
[5] G. Devoto, Gli antichi Italici, Vallecchi, Firenze 1977.
[6] Cfr. E. Grazioli, Il Sercol nascosto di Nuvolera va alla ricerca di nuova luce, in “Brescia Oggi”, 4 Maggio 2011; M. Pari, Tutti lo chiamano “Sercol” ma per gli archeologi sono menhir di 2500 anni fa, in “Il Giorno”, 26 Maggio 2011; I. Rossi, Il “Sercol” sotto i rovi è la Stonehenge bresciana, in “Il Giornale di Brescia” 1 Giugno 2011. E' stato infine pubblicato, a cura del Comune di Nuvolera e della Provincia di Brescia, un fascicolo illustrativo propedeutico ad una prossima e più esaustiva opera monografica: F. Liloni - A. Gaspani, Enturèn al Sércol de Nigolera, Nuvolera 2011.
[7] A. Bellelli, Una proposta di scavi al Sercol di Nuvolera, in “Il Corriere del Garda”, 23 luglio 2011, pubblicato su internet al seguente indirizzo http://www.ilcorrieredelgarda.info/2011/07/una-proposta-di-scavi-al-sercol-di-nuvolera; M. Prandelli, La Soprintendenza ai beni archeologici ha visitato ieri il Sercol di Nuvolera, pubblicato il 09.07.2011 su internet al seguente indirizzo http://millaprandelli.wordpress.com/2011/07/09/la-soprintendenza-ai-beni-archeologici-ieri-ha-visitato-il-sercol-di-nuvolera. Del sopralluogo al “Sercol” si è occupato il soprintendente generale della Lombardia per i beni archeologici, dott.ssa Poggiani Keller, insieme al suo team di ricerca.
[8] In Umbria, oltre a quelli dei Monti Martani, si trovano molti “castellieri”, immersi nella vegetazione e tuttavia in collegamento visivo tra di loro: intorno alla piana di Umbertide (Monte Elceto di Murlo, Monte Civitelle, Cima Cerchiaia e Monte Santa Croce);  nel territorio di Montegabbione (Torricella presso Piazzone, Montarale e Poggio Murale) e in quello di Stroncone (Monte Spergolate, Monte Scote, ecc.). In Toscana si citano, tra gli altri, quelli di: Poggio Siena Vecchia e Monte Acuto, presso Sovicille (SI). Gli esempi sono numerosi ed elencarli qui in modo esaustivo sarebbe impossibile.
[9] Vorremmo far rilevare una coincidenza che non sappiamo quanto possa essere significativa ma è alquanto curiosa: esiste forse un precisa corrispondenza fra la quota di giacitura dei due insediamenti e i diametri della loro circonferenza? Nel caso di Nuvolera il sito è posto a 420 metri slm  e presenta un diametro di circa 42 metri; a Massa Martana siamo a 900 metri di altezza con un diametro di circa 90 metri!
[10] Cfr. Erodoto, IV, 49, 3.
[11] La Civiltà di Golasecca (IX-IV secolo a.C.), sviluppatasi in Canton Ticino, Lombardia e Piemonte, è considerata dagli studiosi analoga alla Cultura di Hallstatt (Svizzera) ed espressione dei più antichi Celti d’Italia. Più in generale, è affine alla Cultura dei Campi di Urne (XIII-VIII secolo a.C.) di area transalpina (Svizzera, bacini del Reno e del Danubio). I Golasecchiani furono poi anche gli intermediari nei commerci fra le popolazioni celtiche transalpine e gli Etruschi e i Greci nella penisola. Va infine rilevata la presenza di una stessa tipologia di tomba a pozzo con circolo di pietre sovrastante, sia nella necropoli di Terni, una delle più vaste d’Europa, che in quella di Golasecca (Varese). E’ come se la forma circolare tornasse sempre e a scala diversa nella vita e nella società di queste antiche popolazioni d’inceneratori, come dimostra anche il caso dei due insediamenti che abbiamo voluto mettere a confronto in questa ricerca.